La sirenetta

di Marguerite Yourcenar

 

Il primo incontro
Ho conosciuto Marguerite Yourcenar attraverso i suoi racconti e romanzi. Marguerite Yourcenar ha scritto, tra il ‘30 e il ‘61, sei pièces di teatro, alcune di getto, altre riscritte più volte nel corso degli anni. La Petite Sirène fu cammissionata da un amico attore, scenografo e brillante organizzatore di serate, che le aveva affidato il tema dell’acqua.

La traduzione
Cominciai a tradurre La Petite Sirène. È cosa diversa tradurre una pièce in vista di una pubblicazione o di uno spettacolo teatrale: il linguaggio cambia. Quando traduco ciò che intendo portare sul palcoscenico seguo questo procedimento: prendo un testo e lo assimilo; provo a tradurlo alla lettera; lo trascrivo e lo lascio decantare; poi, lo rileggo e correggo gli errori. Una volta che sono sicura di aver reso l’idea e il senso delle parole, lo accantono nuovamente. Riprendo poi la lettura, a intervalli, perché ho bisogno di dimenticare quello che mi è entrato in testa per ritrovare la melodia originale unita al senso – le due cose vanno di pari passo. Leggo e rileggo quelle parole francesi riassunte sotto il titolo La Petite Sirène. Dopo un po’ ne percepisco il ritmo e il respiro musicale, la struttura intera. Ora mi è semplice pensarla in italiano, e arrivo al senso tramite il respiro. Nella scrittura lo spazio tra le parole è altrettanto importante che le parole, come in musica lo spazio tra le note. È quella la maglia della rete che ci lascia passare dall’altra parte, lo spazio tra le stelle e i soli attraverso cui iniziamo la nostra navigazione in un mondo sconosciuto.

Marguerite Yourcenar scrive una lettera
Mi decisi in seguito a scrivere a Marguerite Yourcenar. Di risposta ricevetti una lettera emozionante, piena di errori grammaticali, scritta con una calligrafia particolare, con dei tratti che sembravano le orme lasciate dagli uccelli sulla neve. In questa lettera, che conservo con grande cura, mi diceva che le era piaciuta molto la mia traduzione e mi dava dei consigli per le musiche. Voleva che La Petite Sirène diventasse il libretto di un’opera. Ho lavorato molto nel teatro musicale e ho sempre fatto riferimento alla musica ma, come le spiegai, non era quella la direzione che intendevo seguire. Nonostante ciò, mi fece delle lunghe digressioni sull’aspetto musicale. Mi raccomandò di evitare le musiche di un compositore americano che era solito inserire, nei suoi brani, il suono delle balene e trasformarlo in maniera originale. Yourcenar teneva molto alle balene. Mi scrisse: “La prego di non usare quel disco orribile”. Per pura curiosità lo ascoltai: aveva ragione! Ho letto accuratamente le sue riflessioni, poi ho scelto di dimenticare le sue parole. La mia posizione non era quella di chi vuole a tutti i costi andare contro le indicazioni ricevute; io credo che una volta raccolte le informazioni necessarie, si debba lavorare con la mente libera, lasciarsi andare totalmente per scoprire ciò che ancora non era stato possibile comprendere. Quando in seguito ho messo in scena lo spettacolo, mi sono resa conto, con sorpresa, che le musiche erano le stesse che mi erano state suggerite.

Dalla parola alla scena
Una volta conclusa la traduzione cominciai a studiare la struttura del testo. La pièce si compone di tre parti: la prima si svolge in fondo al mare, la seconda in riva al mare e l’ultima su una nave. Alla fine si immagina un volo. È il racconto di un’ascensione, l’ascensione di una creatura che abbandona la pesantezza per la leggerezza. Tale visione sembra rispondere all’interesse della Yourcenar per il buddhismo, le religioni e le filosofie orientali. E sembra anche tradurre il percorso effettuato dalla scrittrice, che afferma: “Ho abbandonato la riflessione sugli uomini per dedicarmi alla meditazione sulla natura”. Marguerite Yourcenar inoltre si identifica con la petite sirène, essendosi trovata, negli Stati Uniti, senza lingua e senza voce. La ricerca dell’ideale è un altro dei temi fondamentali. La petite sirène si innamora degli uomini attraverso l’arte, attraverso una statua che cade negli abissi; una volta giunta sulla terra si accorge che la terra è ben altra cosa. Assistiamo ad un conflitto tragico, a una scena meravigliosa, nel momento in cui la Sirenetta incontra in riva al mare il principe del quale è innamorata, e tutto le appare così terribilmente diverso da come lo aveva sognato. Questo è, a mio avviso, è il nodo drammatico dell’azione. 

Un mondo poetico
Marguerite Yourcenar è portatrice di un grande mondo poetico ed umano che si rivela attraverso le forme della scrittura: il romanzo, la poesia e, qui, il teatro; come se ogni volta si trattasse di una diversa maschera o travestimento letterario. Il teatro è “[…] una forma nella quale gli stessi personaggi occupano tutta la scena, e relegano nella buca dei suggeritore l’autore, rimandato così al suo posto”. Anche il regista, alla fine, deve andare al suo posto. Nei personaggi della Yourcenar si colgono i temi cari all’autrice. I destini umani che si compiono conosceranno tutta la tragicità dell’esistenza, accompagnata dalla sua comicità (come nel teatro greco). Tutti saranno sorpresi da un andamento imprevedibile e imprevisto delle cose che rivelerà quanto inane e futile sia il nostro progettare e interpretare. Tutto avviene diversamente da come ce lo si immagina. La vita è imprendibile. Tutto muta. E c’è, in essi, la tensione verso la leggerezza, verso il superamento del gioco in cui siamo invischiati. Ho lasciato come ultima considerazione generale la cosa più importante: lo straordinario linguaggio lirico delia Yourcenar, così musicale, scorrevole, che ci porta lontano dal quotidiano e dallo psicologismo  –  immediatamente in un mondo poetico. E questo è solo dei grandi artisti. Marguerite Yourcenar ci dice anche che, per entrare in una persona, per capirla, bisogna ascoltare la sua voce. Come voci si sono presentate a me le parole dei personaggi della sua commedia, che mi hanno attirato giù, in quel mondo. E quel mondo mi si è rivelato a un certo punto per quello che è: senza falle, senza buchi, un vero universo. Raramente ci si imbatte in un simile creatore. Da parte mia ho fatto quello che ho potuto, e sono lontana dal pensare di aver terminato il mio viaggio verso quella grande anima che è Marguerite Yourcenar.                                                                                                               Marina Spreafico

 

 

Traduzione e regia 
Marina Spreafico

Con
Maria Eugenia D’Aquino, Michele De Marchi, Riccardo Magherini, Annig Raimondi, Giulia Tommasi, Sabrina Ciabotti (arpa)

Allestimento
Massimo Scheurer, Claudio Zuber

Costumi
Gillian Armitage Hunt

Scultura
Fumio Itai