Il borghese gentiluomo con Arianna a Nasso

di Hugo von Hofmannsthal e Richard Strauss

Opera in un atto di Hugo von Hofmannsthal
Musica di Richard Strauss
da eseguirsi dopo
Il borghese gentiluomo di Molière
Versione del 1912

 

Ciò che abbiamo voluto fare scrivendo Arianna a Nasso Il borghese gentiluomo

Il borghese gentiluomo di Molière è uno di quei capolavori che ci lasciano il ricordo di un personaggio indimenticabile, piuttosto che l’impressione di un’azione continuata. E’ una commedia-balletto, scritta per la corte. L’elemento eterno, la commedia di carattere, li dobbiamo alla ricchezza del genio, al quale si era richiesto – per così dire – solo un “décor” per un divertimento di danza e musica.
La commedia termina, come è noto, con un grande balletto al quale assistono M. Jourdain e i suoi ospiti, e che Lully aveva arricchito della sua musica. Al posto di questo balletto, noi abbiamo creduto di rappresentare – senza mancare di rispetto – una piccola opera nel gusto antico, in cui un compositore moderno potesse trovare l’occasione di dar vita a un soggetto molto semplice con mezzi assai limitati, e rispondere così vittoriosamente a certe critiche superficiali, alle quali il suo talento è stato talvolta esposto.
Senza mancare di rispetto, dicevamo: poiché la commedia di Molière, ancora una volta, è piuttosto una cornice che una commedia regolare. Un grande artista sa usare le forme drammatiche meno spiccate e più composite quando le circostanze glielo impongono. Se si sopprimono, in questa commedia-balletto, le danze e le cerimonie, essa s’impoverisce, senza guadagnare in unità perché la sua azione è e resta debole, e la sua struttura la più arbitraria del mondo. Tutto sta in piedi grazie all’inventiva e allo sviluppo del personaggio principale.
Se dunque ci siamo permessi di fare di M. Jourdain l’organizzatore e lo spettatore di un divertissement musicale nuovo (e perciò problematico), se abbiamo messo 
Arianna a Nasso al posto del Balletto delle nazioni, è stato quel simbolo immortale a convincerci e quasi ad autorizzarci.
D’altronde nel nostro adattamento si troverà altrettanta (o tanto poca) musica di scena e musica pura, quanta ne scrisse a suo tempo Lully per Molière. … Forse non avremmo avuto il coraggio di sacrificare un atto così celebre
(la cerimonia turca), seppure di carattere episodico, se la più recente critica francese su Molière non ci avesse dato la spinta e l’autorizzazione ad agire così…

Hugo von Hofmannsthal (La revue musicale, n. IX_X, 1912, pagg, 1-3)

A colloquio con Marina Spreafico

D. Come ha visto Il borghese gentiluomo  Arianna a Nasso insieme alla signora Hunt?
R.
L’abbiamo considerata come un pastiche: personaggi del ‘600 vanno a vedere un’opera del ‘900 – del futuro. Non ci siamo allora posti problemi di fedeltà storica. Hofmannsthal stesso si richiama contemporaneamente a Poussin e, per quanto riguarda i numeri chiusi ripristinati da Strauss, alle forme del teatro musicale settecentesco. Siamo di fronte a un insieme eterogeneo, a un canovaccio rococò rivissuto con una sensibilità novecentesca. Nel mediare tra questi molteplici livelli stilistici ci siamo perciò preoccupati, specie attraverso la recitazione, di sottolineare quei motivi che nella commedia destano l’interesse dello spettatore contemporaneo; – per i costumi, ad esempio, abbiamo mantenuto la silhouette d’epoca, mentre l’accostamento delle tinte è più vicino al nostro gusto.
D. 
Qual’è la differenza tra i due Borghesi, quello di Molière e quello di Hofmannsthal?
R. La differenza sta nel fatto che Hofmannsthal ha tagliato parte del testo originale, evidenziando il personaggio di Jourdain. Al posto dei balletti-pantomima di Lully ci sono poi le musiche di scena e l’opera di Strauss.
D. 
E l’opera?
R. L’opera non ha molta azione; e la cosa già preoccupava Strauss. Ma il nucleo del dramma è il contrasto fra due mondi femminili: Arianna e Zerbinetta. Intorno a ciò ruota la rappresentazione.
D. 
E il tema dello scontro tra tragedia e commedia?
R. Affascinante come pochi. Qui c’è solo l’esposizione di un conflitto: allo spettatore il compito di ricomporre dentro di sé, attraverso la musica, i motivi lasciati in sospeso.
D. 
Com’è fare un’opera e una commedia insieme?
R. E’ curioso, mi diverte; e spero che aiuti a rompere lo schema dei ‘generi’.
D. 
Che cosa pensa della rappresentazione delle opere in lingua originale o in traduzione?
R. Per me non ci sono differenze perché le parole non le capisco mai. La musica e le parole arrivano a noi per altri canali che quelli intellettuali.
D. 
Facciamo il punto sulle sue regie d’opera.
R. A me preme la vita che si nasconde dietro i codici linguistici, arrivare al cuore drammatico dell’azione. Non mi interessa un teatro basato sulla poetica della meraviglia. Cerco sempre di più di lavirare sulla ‘terza immagine’: più si vede uno spettacolo più ci sia da scoprire. Parafrasando Hofmannsthal potremmo dire che non ci seducono quelle melodie “che qualsiasi canarino può rifischiare dopo la prima volta”. Mi piace inoltre lavorare a Barga perché il rapporto con gli interpreti è meno formale e l’atmosfera più calma, più propensa a farti fare di più e meglio.

regia
Marina Spreafico

direzione d’orchestra
Klauspeter Siebel

cantanti
Maria Agricola, Rosalba Colosimo, Olaf Haye, Tai – Mi Chung, Silvia Mazzoni, Wilfrid Mikus, Imre Remenyi, Winfred Schwencke, Harald Stockfleth, Marilee Williams

attori
Margherita Antonelli, Toni Bertorelli, Giovanni Calò, Antonio Carlucci, Marco Gorieri, Michele De Marchi, Liliana Paganini, Gilles Privat, Giulia Tommasi, Annig Raimondi

scene e costumi
Gillian Armitage Hunt

luci
Vinicio Cheli

aiuto regista
Liliana Paganini

assistente alla regia
Mauro Conti

minuetto a cura di
Cécile Bon

maestri collaboratori
Markus Fohr, Giovanni Reggioli

realizzazione costumi
Gabriella Zellini

Orchestra della
Hochschule fuer Musik di Amburgo

Spettacolo realizzato per il Festival Opera Barga e ivi rappresentato