La lunga notte della tentazione: Muori, amore mio! e Due dozzine di rose scarlatte

di Aldo De Benedetti

 

I due testi che proponiamo accostati con il titolo La lunga notte della tentazione sono Due dozzine di rose scarlatte e Muori, amore mio!. Due dozzine di rose scarlatte è senz’altro il più celebre testo di De Benedetti, quello il cui titolo è diventato in sé una frase compiuta del lessico corrente, onore che spetta a pochi altri titoli del teatro e della letteratura. Muori, amore mio! invece non è mai stato rappresentato in Italia. Incredibile, ma vero! Uno degli autori più noti ed amati dal pubblico del nostro novecento, tradotto in decine di lingue, per lunghi anni l’autore italiano maggiormente rappresentato all’estero, lo sceneggiatore di innumerevoli film di grande successo, colui di cui le più note compagnie si accaparravano le opere a gara, non ha avuto la soddisfazione di vedere rappresentate nel proprio paese tutte le sue commedie e tra queste Muori, amore mio!.

Le commedie di De Benedetti, e queste due non fanno eccezione, ruotano prevalentemente intorno ad un tema, l’incontro con la tentazione, che arriva in un momento chiave della vita delle persone. Quale strada seguire allora? L’incognita, il mistero che la tentazione porta con sé, oppure il cammino che fino a quel momento pareva tanto ben tracciato dalla vita? A questo tema drammatico fondamentale ci ispiriamo per il complesso del nostro progetto, inteso a far conoscere meglio la figura di questo maestro del teatro italiano, tanto amato dal pubblico.

 

 

ORIGINE DI UNO SPETTACOLO

Per quanto mi riguarda uno spettacolo è figlio di una quantità di pensieri, immagini, suoni, parole, casi, avvenimenti ed altro che si combinano a mia quasi totale insaputa.  E’ molto difficile dare un ordine agli elementi in gioco. Questi infatti non si organizzano in modo logico, e nemmeno  temporale. Sfuggono quindi alla possibilità del racconto, seguono una loro legge interna. Questa legge cambia e non si vuole lasciar afferrare. Sfugge alla legge. Non è una legge.

Porrò quindi sul tavolo alcuni elementi, in ordine sparso. La cucina è una strana alchimia: chi potrebbe dire, guardando gli ingredienti, che piatto verrà mai fuori? Il teatro assomiglia alla cucina.

Il Teatro Arsenale ha per me uno strano fascino. Mi suggerisce delle possibilità di mutazione, vuole apparire sotto un altro aspetto. Si vuole mascherare. Da anni ho un complice prezioso, l’architetto Massimo Scheurer. Abbiamo trasformato lo spazio dell’Arsenale in molti modi, lo abbiamo teso, compresso, allungato, riquadrato, raddoppiato, drammatizzato variamente, secondo le richieste delle varie opere. Questa volta gli ho detto: per questo spettacolo ho bisogno di torcere lo spazio. Al solito non abbiamo parlato molto di più. Qualche scambio di schizzi, qualche battuta, qualche immagine di riferimento…

Da quando questo spettacolo mi si è affacciato alla mente sono perseguitata dalle immagini di Alberto Savinio. Penso che sia per via del conflitto tra classicità e modernità, così presente nei suoi quadri da farne il tema fondamentale. Così presente anche nelle commedie di Aldo De Benedetti.  La lunganotte della tentazione è uno spettacolo quindi che si ispira all’opera di Alberto Savinio, al conflitto tra classicità e modernità. Potrebbe essere definito ‘un balocco inquietante’.

Il Devoto-Oli definisce classico un “autore rappresentativo di una certa cultura”. Aldo De Benedetti è sicuramente un classico. Non se ne è mai accorto nessuno? Oppure nessuno ha mai osato dirlo? Quale aspetto di noi non si vuole ammettere? Il novecento è disseminato di autori grandi, a volte sommi, classici, la cui libertà di pensiero, la cui mancanza di conformismo e opportunismo ha destinato a un riconoscimento marginale, a un ostracismo intellettuale. Sono rappresentanti di una cultura che non si vuole vedere. Aldo De Benedetti è uno di questi autori. Che bello considerarne solo la superficie! Che meraviglia confinarlo in qualche bel limbo, dove per altro è in ottima compagnia!

Per mia natura ho sempre apprezzato il senso dell’umorismo, quella “capacità di rilevare il ridicolo delle cose senza ostilità, che implica un’intelligenza arguta e pensosa e una profonda simpatia umana” (D.O.). Spesso da noi vengono confusi umorismo e ironia. Ho partecipato a un convegno in cui i rappresentanti stranieri sono insorti in massa allorquando si sono accorti che l’interprete traduceva ‘ironia’ là dove essi dicevano ‘umorismo’. Le commedie di De Benedetti sono piene di umorismo. L’umorismo, moderna maschera del tragico.

Lavorare per me significa lavorare per qualcuno. Così questo spettacolo è cresciuto e maturato pensando a Maria Eugenia D’Aquino. Per lei e per il suo modo di essere attrice.

De Benedetti ha scritto le sceneggiature di innumerevoli film. Le sue commedie sono spesso costruite con tecniche cinematografiche, voci fuori campo, flash back, dissolvenze…, che introducono una tecnica straordinariamente moderna per l’epoca, e attualissima ai giorni nostri. Abbiamo dovuto aspettare il teatro nato dall’ improvvisazione per trovare simili procedimenti. In ciò De Benedetti era in grande anticipo sulla sua epoca.

Ho accostato, sotto il titolo La lunga notte della tentazione due commedie: Muori, amore mio! e Due dozzine di rose scarlatte:

Muori, amore mio! non è mai stata rappresentata in Italia. Due dozzine di rose scarlatte è la più famosa commedia di De Benedetti, rappresentatissima in Italia e all’estero.
Muori, amore mio! è una favola, scritta verso la fine della vita, quando gli artisti, ormai padroni della loro arte, si divertono a dire semplicemente, sinteticamente e giocosamente quanto hanno da dire (fenomeno evidente in pittura, per esempio). Due dozzine di rose scarlatte è una commedia scritta dall’autore quarantenne, ha lo sviluppo di un adulto.
In
Muori, amore mio! risuonano, raccontati con leggerezza e con il tono apparentemente infantile delle favole, temi  fondamentali generatori di infinite altre storie. E’ un archetipo. Due dozzine di rose scarlatte è una delle infinite possibili storie che da quella discendono. Detto in termini cinematografici, uno zoom su una delle possibilità. Per questo le ho accostate.

Ecco in breve le due vicende. In Muori, amore mio!  Angelica, pur amando Bruno, giovane e squattrinato scrittore di gialli, decide di sposare il ricco Adriano di trent’anni maggiore. Accetta però la proposta di Bruno: assassinare Adriano e godersi poi la vita insieme. Ma Adriano sopravvive ad ogni tentativo di omicidio, mentre Angelica e Bruno cominciano a volergli bene. Quando Adriano morirà per cause naturali, Angelica e Bruno non potranno più restare uniti. In Due dozzine di rose scarlatte Alberto e Marina sono sposati da qualche anno. Ognuno dei due però cova in segreto la speranza dell’imprevisto e dell’avventura. L’occasione si presenta grazie al telefono, galeotto un numero malamente composto, che mette in contatto Alberto con una sconosciuta contessa. Ventiquattro rose scarlatte, accompagnate da un biglietto galante saranno il primo segno di un assedio amoroso. Ma un contrattempo fa sì che Marina trovi rose e biglietto e li creda indirizzati a sé. Si arriverebbe a una rottura definitiva se, grazie a Tommaso, amico di Alberto e rispettoso ammiratore della signora, tutto non si ricomponesse e rientrasse nell’ordine prestabilito.

Commento finale: generalmente classificato come teatro leggero, teatro d’evasione e spesso guardato dall’alto in basso con sufficienza, il teatro di De Benedetti ha la grazia e la profondità della vera commedia. Di quella commedia alta che porta nascosto nelle sue pieghe un amaro e tragico risvolto. De Benedetti è un autore che rivela, sotto la delicata superficie, uno sguardo lucido, impietoso e partecipe della vita umana, con le sue bellezze, debolezze e miserie. E’ un autore dotato di umorismo, caso raro, e di una leggerezza di tipo mozartiano. E’ un autore, dono rarissimo, cui ci si affeziona. Ci è veramente voluta tutta la pavidità dell’opportunismo intellettuale per liquidarlo come è stato fatto.

Gentile Pubblico,
non ho parlato ancora di te. Dulcis in fundo. Sei la nostra ragione di operare. Ho detto poco sopra che lavorare per me è lavorare per qualcuno, quel qualcuno in primis sei tu. Spero di farti passare una piacevole serata.  E di condividere con te alcuni dei pensieri di questo momento. Altri sono già passati, altri forse verranno. Grazie di essere venuto.


Vostra
Marina Spreafico

 

Aldo de Benedetti, un ‘gran signore del teatro’ come è stato definito, ha scritto ben 23 commedie, tutte rappresentatissime in Italia e all’estero e soggetti e sceneggiature per 120 film. Due dozzine di rose scarlatte, la più celebre, vero e proprio classico contemporaneo, tradotto in 27 lingue, fu rappresentato per la prima volta nel 1936.  Muori, amore mio! appartiene invece all’ultimo periodo dell’autore.
Dopo aver combattuto nella guerra 15-18, vent’anni più tardi de Benedetti dovette subire le leggi razziali. Offertagli la possibilità di emigrare in America, optò per restare in Italia, dove per lunghi anni non fu più rappresentato. Per vivere dovette rinunciare al suo nome. Lavorava per il cinema ma firmavano gli altri.
Accusato dopo la guerra di non essere che un disimpegnato autore di boulevard, veniva celebrato a Praga, nel 1956, come un grande autore satirico che demolisce la società borghese.  Sosteneva che “…oggi, in nome della cultura, si accetta tutto senza discutere, senza protestare, senza capire, con avvilente conformismo…”
Vinse nel ’61 il Premio dell’Istituto del Dramma Antico e devolse il denaro ricevuto alla Casa di Riposo per Artisti di Bologna. Nel ‘64 gli venne conferito il primo premio del Sindacato Nazionale Autori Drammatici. Dopo la primavera di Praga fece consegnare una cospicua cifra per l’erezione di un monumento a Jan Palach, il giovane che si era sacrificato ‘per la libertà’.
Fu un uomo indipendente intellettualmente e moralmente, e non seguì mai mode, conformismi e ideologie.

Ideazione e regia
Marina Spreafico

Con
Maria Eugenia D’Aquino, Mario Ficarazzo, Luca Fusi, Massimo Loreto, Riccardo Magherini, Vladimir Todisco Grande

Spazio scenico
Massimo Scheurer

Costumi
Sartoria Bassani
in collaborazione con le allieve del Master dell’Accademia di belle Arti di Genova

Sculture
Galleria Schubert

Luci
Fulvio Michelazzi

Regista assistente
Valentina Colorni

Assistente alla scenografia
Ambra Rinaldo

Organizzazione
Ileana Marzani, Gianni Munizza