Che inenarrabile casino!

di Eugène Ionesco

 

 

Trasposizione de Il solitario, l’unico romanzo che Ionesco abbia scritto, Che inenarrabile casino! fu allestito per la prima volta il 14 novembre 1973 al Théatre Moderne di Parigi.

Per il personaggio principale Ionesco si ispira ad un protagonista del cinema muto: Buster Keaton. Ne copia la laconicità e il distacco stupito.

Per il soggetto trae ispirazione da Dostoevskij. Lo dimostra la testimonianza che segue: ” Perché gli uomini non si amano? Ci sono tante catastrofi nel mondo. E’ ingenuo dire questo, lo so! Ma ho osato porre la questione in Che inenarrabile casino!, perché era già l’interrogativo di fondo di un’opera come L’idiota.”

I fatti che succedono al Personaggio avvengono in seguito ad un’eredità fortuita che gli permette di lasciare il suo impiego, di traslocare e di rompere i ponti con le vecchie conoscenze. Senza impegni, tenta di vivere a modo suo. “Nella commedia il personaggio principale è muto, sono gli altri che parlano per lui. In una certa misura gli altri sono proiezioni dei suoi pensieri. Ma solo in parte. Molto più spesso le persone che vede e che sente, con cui entra o non entra in contatto, sono per lui enigmi viventi… Non riesce a capire. La maggior parte degli uomini si accontenta di una comprensione limitata che non risolve la nostra ignoranza fondamentale. Il Personaggio, lui, non riesce ad adattarsi… Vive dunque stupito, stupefatto di quello che succede”. (Ionesco, programma di sala 1973).

Non è compito del presentatore e tanto meno del traduttore giudicare i risultati della messa in scena di Marina Spreafico e della recitazione degli attori. Ma poiché di successo si è trattato, vorrei buttare là qualche ipotesi: la regia è talmente attenta al testo che le sue trovate sembrano nascere per conto proprio. Marina non ama i fronzoli e segue un metodo che oggi è abbastanza desueto: si mette al servizio dello scrittore, con una creatività tutta interiore e che non fa nulla per mettersi in mostra. Gli attori l’hanno seguita con un’encomiabile coralità di intenti. Qualche volta in teatro serve perfino la mancanza di presunzione. La ragione del successo è tutta nell’innocenza consapevole del gruppo: in una sala come questa dell’Arsenale, così disadorna e così simile a un tempio, il teatro non può vivere che di valori suoi propri.

                                                                                                Sandro Bajini

Gentili Spettatori,

    l’evento cui assisterete questa sera è la testimonianza di un incontro: quello che io e la mia compagnia abbiamo avuto con il mondo di Eugène Ionesco. Le prime tracce di questo incontro sono vaghe e lontane: un libro intravisto su un tavolo, brandelli di conversazione in un residence milanese, poche immagini perdute in qualche luogo della mente. È venuto poi il giorno di una decisione che, seppur paradossalmente nel caso di un autore morto da tempo, vorrei definire reciproca e di conseguenza l’inizio delle prove, cioè di quel processo di esplorazione e di conoscenza inteso a rivivere il movimento interiore dell’opera, a scoprirne le dinamiche profonde, a ritrovare il gesto creatore che le ha dato vita, a definire lo stile che le appartiene e che sarà il suo e nostro mezzo di comunicazione.

     Approfondendo l’incontro con un autore iniziano anche gli scontri.

     Ogni autore ci offre un mondo tutto suo col quale bisogna misurarsi, una sorta di fiume da percorrere contro corrente. È questo infatti il solo modo che consente a tale mondo di rivelarsi. Entrando nel mondo di Ionesco mi sono trovata al centro di un cervello in esplosione, come in certi quadri di Salvator Dalì. Tutto si è frantumato e si sta velocemente espandendo in ogni direzione. Come afferri una cosa, le altre si sono già allontanate da altre parti; alla fine scopro di essere nella situazione di un domatore di circo, che deve trattenere con i suoi guinza­gli gli animali che gli corrono e roteano in­torno. 

      Venendo alla vi­cenda di Che inenarra­bile casino! il protago­nista stesso, chiamato Personaggio, è una bomba: fa esplodere ogni situazione in cui si trova e alla fine, solo, in casa sua, esplode lui stesso. Ma a quanto pare non sempre le esplosioni arrecano danni… 

      Come sempre avviene nella poesia, e Ionesco è poeta, numerosi sono i temi che cor­rono e si intrecciano lungo la trama delle parole, contribuendo a definire la vicenda: la politica e l’ideologia, lo strano e il mera­viglioso, l’angoscia, l’amore, i soldi, la cronaca, il tempo che passa, i muri… Si può percorrere l’opera da cima a fondo anche seguendone uno solo. Il mio compito è stato di cercare il centro di gravità da cui tutto ha origine. Per quanto riguarda lo stile mi affido alle parole di Ionesco: “Il reale è eluso dal realismo, perchè il realismo non è reale, è soltanto una convenzione, uno stile scolastico, una verità volgare…”

       Tornando all’incontro di cui parlavo all’inizio: esso non è concluso col nostro lavoro solitario. Trova infatti il suo com­pletamento nell’incontro serale con voi, che rimette tutto in gioco. Infatti prima ho parlato di ‘evento’, ovvero, secondo il di­zionario, “…nel calcolo delle probabilità uno dei casi che si verificano con certe probabilità “. 

vostra Marina Spreafico

Eugène Ionesco
è nato a Slatina (Romania) il 26 novembre 1912. Il bisnonno era contadino, il nonno professore, il padre avvocato. Con la madre, francese, si trasferisce ancor bambino a Parigi, dove cresce e frequenta le scuole. Tornerà in seguito in Romania, dove entra nell’Università di Bucarest. E inizia a scrivere. Nel 1938 ottiene una borsa di studio e torna in Francia, dove vivrà fino alla morte. Eugène Ionesco ha esordito in teatro con La cantatrice calva. Nel 1973 ha pubblicato il suo unico romanzo Il solitario, da cui ha tratto Che inenarrabile casino!
                                                              

Traduzione
Sandro Bajini

Regia
Marina Spreafico

Con
Giovanni Calò, Maria Eugenia D’Aquino, Mario Ficarazzo, Luca Fusi, Riccardo Magherini, Stefania Stefanin, Marina Spreafico

Scene e costumi
Alberto Chiesa

Musiche

Gaetano Liguori

Luci
Fulvio Michelazzi