Nella giungla delle città

di Bertolt Brecht

Nella giungla delle città – Im Dickicht der städte  – (1921-1923) è uno dei primi lavori di Bertolt Brecht e risente della forza nascente delle opere prime. Ambientato in svariati luoghi di una città contemporanea, il testo mette in rilievo i conflitti tra generazioni, tra cultura e sottocultura, tra autoctoni e immigrati, tra economia e sentimento. Temi tutti più che mai attuali.

sinossi

Siamo a Chicago all’inizio del secolo, una città cosmopolita. Due uomini si affrontano senza apparente motivo se non il naturale piacere della lotta. Sono un immigrato orientale e un inurbato dalle praterie americane. Il primo è un commerciante. Senza famiglia, vicino alla sua comunità, si è dedicato tutta la vita agli affari. E’ in cerca di un degno avversario. Il secondo è un intellettuale idealista, povero e disinteressato al denaro, legato alla sua famiglia. Ama Rimbaud e sogna le isole felici. La lotta che intraprendono, senza esclusione di colpi, senza nemmeno uno scopo se non la vittoria sull’altro, cambierà profondamente tutti e due: l’orientale morirà sconfitto dai sentimenti, e l’intellettuale, novello Simon del Deserto, scenderà dalla sua colonna di stilita per gettarsi nelle corrotte braccia della metropoli, mentre la sua famiglia sembra andare a rotoli. Tra due litiganti il terzo gode: un giovane personaggio, che poco aveva contato nello sviluppo della storia, senza colpo ferire e approfittando della situazione, si appropria delle ricchezze dell’orientale e della sorella del poeta.

note di regia

Scritta nel 1921, quando aveva 23 anni, Nella giungla delle città è la seconda opera di Bertolt Brecht. Ho sempre amato le opere prime. Vi si trovano in nuce, un po’ maldestramente enunciati e condotti, i temi principali di tutta l’opera seguente. Sono germogli, fiori che stanno sbocciando, pieni di forza, vitalità, linfa, energia. Inconsapevoli di ciò che diventeranno, prorompono irruenti, festanti e giovani nel campo della poesia. Come diceva Oscar Wilde, ”la vita imita l’arte”. I personaggi sono immigrati, chi dall’Asia, chi dalla campagna. Perdono ed acquistano nuove identità nella selvaggia lotta per la sopravvivenza dei centri urbani. Assistiamo a conflitti tra culture, tra generazioni (“vince il più giovane”), a radicalizzazioni del pensiero quali siamo abituati a vedere tutti i giorni: ideologia, dio denaro, opportunismi di ogni tipo. Sognano l’evasione, le isole felici, forse l’amore. Si drogano e si stordiscono con l’alcool. Nel 1921. Lo sguardo di Brecht è straordinariamente lucido per una persona così giovane, o forse lo è proprio per questo. Può apparire cinico a chi si nutre di illusioni, laico a chi spera nella salvezza consolatoria. Per me è chiaro e poetico. Nella giungla delle città assomiglia a un riflettore che mette in luce stralci di realtà nel buio che ci circonda.

Canto dell’autore drammatico (B. Brecht) 

Sono un autore drammatico. Mostro

quel che ho veduto. Sui mercati d’uomini

ho veduto come si commercia l’uomo. Questo
mostro, io, l’autore drammatico.

Come insieme nelle stanze si adunano a fare progetti
o con manganelli di caucciù o con denaro,

come stanno per le strade e aspettano,

come gli uni agli altri preparano insidie

pieni di speranza,

come fissano appuntamenti,
come a vicenda si impiccano,

come si amano,

come difendono la preda,
come mangiano,

questo io mostro.

Le parole che si rimandano, le riferisco.
Quel che dice la madre al figlio,

quel che ordina chi dà lavoro a chi lo esegue,
quel che risponde la moglie al marito,

tutte le parole di preghiera, di comando,

di implorazione, di equivoco,

di menzogna o ignoranza,

di bellezza o di offesa,

tutte io riferisco.

Nato ad Augsburg nel 1898, nel 1920 Bertolt Brecht si stabilì a Monaco, dove scrisse Im Dickicht der Städte (Nella giungla delle città, 1921-22). Nel 1924 si trasferì a Berlino dove iniziò a lavorare con il regista Erwin Piscator che stava sperimentando una nuova forma di “teatro proletario”. Sotto l’influenza di Piscator, Brecht iniziò ad elaborare la propria teoria del “teatro epico”. Il 28 febbraio 1933 lasciò la Germania recandosi prima a Zurigo e, nel 1940, negli Stati Uniti. Stabilitosi in California, frequentò i numerosi intellettuali tedeschi che avevano trovato rifugio negli USA. Nel 1947 venne interrogato dal famigerato “Comitato contro le attività antiamericane” presieduto dal senatore McCarty che nell’immediato dopoguerra condusse una violentissima campagna accusatoria contro gli intellettuali democratici e di sinistra. Nello stesso anno lasciò gli Stati Uniti. Nel 1948 decise di accettare la sovrintendenza del Deutsches Theater e si stabilì a Berlino Est. Gli anni successivi furono caratterizzati da una continua oscillazione tra successi e difficoltà politiche con il regime filosovietico della Germania orientale. Da un lato Brecht rappresentava per la Germania Est un raro esempio di intellettuale tedesco che aveva scelto di vivere e lavorare in quel Paese; dall’altra il suo anticonformismo gli impedì di omologarsi mantenendo un’indipendenza critica poco gradita alle autorità. Morì nel 1956. Secondo la sua volontà venne sepolto a Berlino di fronte alle tombe di Hegel e di Fichte.

Traduzione
Paolo Chiarini

Adattamento e regia
Marina Spreafico

Con
Marino Campanaro, Giovanni Di Piano, Mario Ficarazzo, Paui Galli, Vanessa Korn, Claudia Lawrence, Mattia Maffezzoli, Lorena Nocera, Fabrizio Rocchi

Allestimento
Pierluigi Salvadeo, Davide Fabio Colaci

Luci
Christian Laface

Ambientazione sonora
Walter Prati