Vida do grande Dom Quixote De La Mancha e do gordo Sancho Pança

Antonio José Da Silva

Porto, Teatro do Bolhao / 26 ottobre – 24 novembre 2018

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La vita di Sancho Panza

Antonio José da Silva è praticamente sconosciuto fuori dal Portogallo. Per me, come regista, è stato entusiasmante scoprire questo autore del 1700, nato in Brasile, studente a Coimbra e morto a Lisbona a 34 anni in un falò dell’Inquisizione. Nel XVIII secolo in Europa e il Portogallo il potere del Re è assoluto; sono ancora da vedersi la rivoluzione francese, il grande drammaturgo italiano Goldoni o Mozart, il compositore austriaco. Perché Antonio José da Silva riscrive per il teatro delle marionette questo gioiello del barocco spagnolo, di Cervantes, scritto cento anni prima?

Don Chisciotte era ben noto al pubblico, ma Antonio José da Silva cambiò la vecchia storia incentrata su don Chisciotte, che mantiene la sua immagine di cavaliere eroico, e la focalizza sul mondo di Sancho Panza, un anti-eroe. Mentre Dante ricerca nel suo viaggio il senso morale della vita e Cervantes disegna una parodia dell’immagine del Cavaliere, Antonio José da Silva accompagna il cammino di Sancho Panza in un mondo tra realtà e sogno, che molte volte si configura come un incubo tra potere della follia e follia del potere, come nella torre di Babele. Può Sancho Panza vivere senza incubi?

Antonio José da Silva era chiamato ‘marrano’, giudeo e cristiano, era senza radici, con una doppia nazionalità e perciò, come Thomas Mann o Franz Kafka a loro tempo, portava in sé una duplicità interiore.

Oggi il mondo vive un periodo di globalizzazione, il nazionalismo riemerge; e noi persone senza morale, irresponsabili, ingiusti, egoisti, narcisisti, noi permettiamo che l’insicurezza si diffonda nel mondo intero. Possiamo trovare il senso della nostra vita, il suo obbiettivo?

Kuniaki Ida