un bel pensiero

(di Alfred Jarry – in Réponses à un questionnaire sur l’art dramatique)

Il teatro, un nuovo teatro, può esistere solo se i théâtres à côté (i teatri a lato) non smetteranno di crescere e cambiare, poiché la loro essenza «è non di essere ma di divenire».

da varie conferenze-stampa
(di Marina Spreafico)

dal lontano 2011

permanenze e volatilità

L’Arsenale è un centro di iniziative teatrali in cui il teatro è inteso come corpo-teatro. Insegnamento, creazioni, spettacoli, performance ed altro di difficile classificazione, tutto ciò che vi avviene, contribuisce ad articolare sempre più un corpo-teatro in divenire. Niente a che vedere con uno schema precotto e sclerotico.

Spesso mi chiedono:
cosa fate quest’anno?
com’è la stagione?

Non so mai cosa rispondere, perché mi sembrano tutte domande nate da un’idea precostituita che non corrisponde alla vivacità, fluidità e sorpresa del reale. Mi sembra che mi si domandi quali sono le varianti in uno schema fisso, intangibile e accettato come tale. Allora mi sembra, paradossalmente, di non fare nulla.

Resto semi-muta e mi sento pure un po’ scema. Capisco che sarebbe più opportuno conferire il cervello all’ammasso delle tetragone certezze che vogliono che teatro sia: produzione, ospitalità e altre classificazioni di tipo burocratico, ma non ne sono capace. Non mi resta che l’azione, come al solito, non mi resta che, al solito, agire nel senso che mi pare avere senso e constatare se quest’azione trova una risposta nel reale.

Devo dire che la trova. Constato che chi ci frequenta e segue, coglie il pensiero che ci guida e lo condivide. Per questo continuo in un’impresa il più delle volte economicamente semi-fallimentare e fisicamente stremante.

L’Arsenale rifiuta il concetto di singolo prodotto, non è un supermercato dei fenomeni teatrali dove entrare e prendere guardando l’etichetta. Quello che propone fa parte di un mondo, di un’opera in divenire, è la parte di un tutto in sviluppo, come la vita.

cosa fate quest’anno?

Seguiamo la nostra strada e il nostro pensiero, sviluppiamo qualcosa che ci pare di avere scoperto, forse faremo qualche nuova scoperta, insieme a voi, perché il teatro non è un gesto autistico, non siamo fornitori, voi non siete clienti, anche se tra noi intercorrono spesso rapporti di leggera natura economica.

Permanenze e creazione, punti fissi e volatilità, questi sono i due poli dinamici tra i quali si muove la nostra azione.

Dove comincia l’uno e finisce l’altra?
Non è mio compito né mio destino scrivere analisi e tesi, critiche e commenti.
Agisco nel teatro, così come lo sento, lo percepisco e lo studio costantemente, a modo mio, come la vita mi ha fatto.

Per quanto riguarda la cosiddetta stagione rimanderei a Saramago: i linguaggi sono conservatori, si portano sulle spalle gli archivi e aborriscono le attualizzazioni.

dal lontano 2010

piccolo manifesto

Incredibile! il 2010!  siamo nell’avvenire!
e allora niente di meglio che riaffermare alcuni principi pilota, alcune permanenze:

  • per un teatro della comunicazione diretta, del corpo a corpo, del respiro comune
  • per un teatro dalla vasta accezione, senza divisioni in generi, senza scatole e caselle, senza bare della mente, che comprenda musica, performance, architettura e design, tante manifestazioni artistiche purché spinte dal comune motore della comunicazione semplice e diretta, del rapporto vivo e presente da persona a persona
  • per un teatro vivace, intelligente, mai noioso, né pretenzioso, né per pseudosette pseudointellettuali
  • chi esce da teatro deve sentirsi più vivo, più gioioso, più energico
  • viva l’osservazione, la scoperta, la vita

bando a:

  • formalismi
  • intellettualismi
  • universitarismi
  • cervelloticismi
  • letteraturismi
  • …. ismi di tutti i generi
  • inscatolamenti, divisioni, generi, definizioni… tutta lettera morta

W la cucina, abbasso l’aria fritta

Donde le scelte presenti e passate

a chi mi chiede: perché quest’anno non fate la solita conferenza annuale?

domando:

  • davvero ti ricordi a maggio di quanto presentato a settembre?
  • ti diverti alle conferenze-stampa? e soprattutto: ci vai?
  • leggi i giornali? tutti i giorni? 

l’osservazione mi ha portato a rispondere NO a tutte queste domande, così ho pensato a una forma di comunicazione più agile, più immediata, più fruibile, più attuale, spero un po’ più allegra.

dal lontanissimo 2005

“l’Arsenale: un mondo dentro il mondo”

era il 2004

alcune considerazioni sull’Arsenale

Parlo con un amico, che ha diretto importanti teatri e istituzioni. Mi domanda come funzioniamo e glielo spiego. Resta stupefatto e mi dice che funzioniamo in modo totalmente anomalo. Gli ricordo che esistiamo da 26 anni. Rifletto e constato per la prima volta che l’Arsenale si è sviluppato come il corpo umano durante l’evoluzione. Si è modificato nel corso del tempo, si è adattato all’ambiente, ha sviluppato organi che non aveva, che si sono stratificati gli uni sugli altri come il cervello nell’uomo, seguendo sempre il proprio programma, la propria natura profonda: vivere, sopravvivere e comunicare.

Sono convinta che il teatro è e resta l’archetipo della comunicazione. E’ nel teatro che risiedono le leggi fondamentali del comunicare, di quello scambio vitale tra parti, che è la base della vita. E’ al teatro che guardano le altri arti (cinema, pittura, circo, danza …) quando si interrogano sui loro fondamenti.

Molte nuvole si addensano all’orizzonte: penso alla filosofia di Bertoldo, che piangeva quando c’era il sole perché poi sarebbe venuta la pioggia e rideva quando pioveva perché poi sarebbe venuto il sole.

Ma parliamo di cose cosiddette concrete: i famosi numeri … (seguono dettagliati conti)

Ora è più comprensibile l’espressione attonita dell’amico di cui dicevo sopra. Ma si sa, siamo una popolazione che molto confida nei miracoli, quindi tutto ciò sembrerà normale!

addirittura il 2003

un luogo sensibile: vivere e sopravvivere

Il Teatro Arsenale ha iniziato la sua attività nel lontano 1978.

E’ probabilmente curioso parlare di un teatro come se si stesse parlando di una persona. Ma credo di poter affermare che sia proprio così, che proprio di un essere organico si tratti.

Come tutte le forme organiche ha avuto bisogno di un lungo tempo per svilupparsi, per trovare la propria forma adulta: compagnia, scuola di teatro, tante iniziative…

A volte mi chiedo: come è nato tutto ciò? perché è nato e cresciuto?

Lungi dall’essere l’applicazione di una volontà, penso che l’Arsenale abbia semplicemente voluto esserci e abbia trovato chi gli ha dato retta!

Probabilmente risponde a una necessità, una necessità profonda delle persone e della loro organizzazione, la società: il bisogno che esistano dei luoghi sensibili, nei quali le nostre anime possano vagare, possano meditare in santa pace, possano contemplare la vita sotto angolature differenti da quelle quotidiane. Il bisogno che esistano delle matrici creative, che pulsano vita in divenire, che danno inizio a nuove cose, che agiscono. Sì, in questo senso profondo siamo attori.

Come tutte le cose che vivono, anche l’Arsenale vuole vivere, e sopravvivere.

Questo non è né facile né scontato.

Ogni fine stagione mi chiedo: come siamo arrivati fin qui? come abbiamo fatto a farcela anche quest’anno? Guardo e riguardo l’opera appena compiuta, guardo e riguardo i conti… un atto di fede.

Sì, l’Arsenale dopo 24 anni è un adulto, ma ancora non …ancora non…

Ancora, ancora, ancora… non…

dalla notte dei tempi

l’Arsenale: un’opera in divenire

Ogni anno, in questo mese, quando convenzionalmente si inizia la stagione e si presenta il programma, mi pervade una sensazione di riduzione e di smembramento. Andando più a fondo mi rendo conto allora che quanto sta per essere comunicato come ‘la nostra attività’ è solo una parte di un più vasto tutto, gran parte del quale resta nascosto: non è infatti immediatamente verbalizzabile e non presenta particolare interesse in circostanze come questa. Eppure la parte visibile, i fatti concreti che stiamo per elencare non potrebbero esistere senza l’altra parte, l’attività più segreta, nascosta, meno definibile, meno evidentemente fruibile. La stessa sensazione mi prende ogniqualvolta leggo di singoli episodi che accadono qui da noi e che appaiono come fenomeni che nascono e muoiono nel nulla, come qualcosa che esiste in sé, inizia e finisce, avulso da un contesto, sospeso in una specie di esistenza chiusa e compiuta, collocato in un qualche luogo della città. E’ probabile che non si possa fare diversamente, che i cliché a monte non prevedano altre formulazioni, che ci sia una sorta di condanna ai compartimenti stagni, alla “cassettizzazione” mental-comunicativa.

In realtà non è così.

Ogni singolo episodio che avviene all’Arsenale fa parte di un processo vasto e complesso, di un’opera che è in atto per lo meno dal tempo del suo inizio, il 1978, se non da prima, quando era in gestazione, come è buona regola per tutto ciò che viene al mondo. Qui ogni singolo fatto rimanda a un altro, è legato in un tutto che esiste in quanto tale, e il progetto del tutto è un processo in divenire che ogni tanto si vede poco, ogni tanto si mostra maggiormente, ma non è mai solo quello che si vede in un dato momento. A parer mio è solo nella visione del complesso dell’opera che ogni singolo fatto acquista un suo senso e una sua realtà.

Ma perché un’opera esista deve esisterne la matrice. La matrice alimenta l’opera che prende varie forme a seconda dei tempi, delle persone, dell’incommensurabile quantità di interazioni, casi, ibridazioni. Indagare sulla matrice è misterioso e appassionante.

Insomma, perché ogni cosa che avviene al Teatro Arsenale sia comprensibile nel suo senso reale e abbia un significato, bisogna guardare all’opera e non al singolo episodio.

altra notte dei tempi

Siamo in questo spazio, con nome ereditato da una precedente gestione, fino dal 1978. In questi anni l’Arsenale ha attraversato una serie ragguardevole di vicissitudini, molte delle quali note per essere state alla ribalta delle cronache di tutti i giornali: sfratto e chiusure le più clamorose. Nonostante che questi ed altri avvenimenti abbiano assorbito una quantità notevole di tempo e di energie e abbiano aumentato a dismisura la nostra già complicata esistenza, oggi constatiamo che – nonostante tutto – la nostra attività è durata continuativamente per 23 anni!  Forse siamo i primi ad essere sorpresi di un simile risultato.

Il teatro sarà anche un mondo ristretto, non sarà più un grande mezzo di comunicazione di massa come in antico, ma è vivo ed è uno dei pochi mezzi da vivo a vivo che esistono. Perciò insostituibile, prezioso, sensibile.

Il teatro è vita condensata, vita raddensata. Potremmo inventare una formula e dire che il teatro è vn, dove v = vita. In questo l’Arsenale ha dimostrato e dimostra di essere in prima fila.

e ancora

l’Arsenale, un piccolo ma grande teatro

Approfitto come al solito della presentazione della stagione per pubblicare qualche domanda, qualche pensiero che agiscono da motore per l’opera teatrale in divenire che, credo, sia il Teatro Arsenale. Naturalmente so che non verranno meditati e forse nemmeno letti, ci si aspetta infatti da questo foglio un bell’elenco della spesa con qualche slogan riproducibile… ma poiché è meglio che ognuno segua la sua natura… eccomi nuovamente qui…

Le fonti, gli amori, le passioni

Teatro, musica e architettura, tre amori della mia vita… la musica mi ha aperto le porte, mi ha portato in scena la prima volta, e ci siamo poi frequentate a lungo nei bei palcoscenici della lirica… avrei desiderato studiare architettura… nel teatro e nella sua didattica sono stata tutta la vita… Nel teatro queste arti, queste discipline convivono, niente teatro senza ritmo e suono, niente teatro senza spazio dunque architettura, niente teatro senza scuola, e poi, di più, il teatro è scritto nel vento, come un mandala di sabbia, si disferà non appena fatto….

Il giro del mondo in via Correnti

Percorro frequentemente la via Cesare Correnti. Tra l’angolo con via dei Fabbri e l’Arsenale prendo un panino dal turco, una crèpe dagli argentini, un caffè nel bar dei cinesi, guardo le vetrine del negozio indiano, saluto il portinaio del 13, indiano pure lui, ma che si chiama Matteo ed è nato e cresciuto in Italia, mando i miei saluti alla moglie filippina, compro il pane dagli egiziani e il giornale dai marocchini, un gratta e sosta dal pachistano… oltrepasso l’albergo da cui esce, come da un megafono impazzito, una miscellanea di lingue diverse… In 300 metri ho fatto il giro del mondo. Dove sono, a Milano o a Shangai? In Lombardia o al di là dell’oceano? Milano è diventata una città di un altro continente? Ricordo che quando Kuniaki Ida è venuto in Italia, nel 1978, nella medesima via Cesare Correnti si giravano a guardarlo, era esotico… Dov’è l’estero? Che vuol dire straniero? che vuol dire milanese? che cos’è oggi internazionalità? identità?

Uno spazio unico

L’Arsenale non è uno spazio tipico della rappresentazione teatrale, non ha palcoscenico, non ha platea, i suoi muri sono presenti e dominano ed è uno spazio esigente… risponde o non risponde a ciò che accoglie e può anche crudelmente far guerra a chi non lo considera… Non tutti gli spettacoli possono trovare casa all’Arsenale, non solo per motivi tecnici, ma per motivi di armonia, di intesa con il luogo. L’Arsenale è potente e bisogna tenerne conto. Accoglie attori e spettatori in un unico spazio, a stretta vicinanza, mostra l’atto scenico nella sua essenza, nel suo nascere, nel suo divenire… non esiste entrata in scena all’Arsenale. Solo compagnie e artisti con questa sensibilità possono trovare consono alle proprie esigenze questo luogo.

Partners

Sono anni che l’Arsenale collabora con la Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano nella persona di Pierluigi Salvadeo, e con la Fondazione MM&T e Walter Prati. (ora se ne sono aggiunti vari altri- nota del 2016) Siamo veri e propri partner. Insieme ideiamo e realizziamo progetti e spettacoli, performances e occasioni di studio e ricerca. Stiamo costruendo un modello interdisciplinare, in cui i rispettivi campi d’azione sono perfettamente autonomi e le interrelazioni avvengono in modo naturale. Non cerchiamo niente, troviamo insieme. Percorriamo una strada che non sappiamo dove porterà ma che ad ogni curva del sentiero mostra scoperte inattese… Dove andremo? Quando finiremo? Non si sa…

Arsenale uno e trino

Nel tempo l’Arsenale si è diviso in tre, tre Arsenali che ne fanno uno: Scuola di Teatro ‘Arsenale’, Arsenale-lab, Teatro Arsenale. Non sono divisi per rigide competenze specifiche, piuttosto per un bisogno dinamico che rende il complesso Arsenale più agile, mobile e fantasioso così. Grosso modo la tripartizione rappresenta anche tre età teatrali: l’inizio con la Scuola, il territorio di mezzo, tra inesperienza e esperienza con Arsenale-lab, la maturità con Teatro Arsenale.

et cetera…

non basta!

Il teatro arsenale – un complesso proteiforme

Un poco arretrato rispetto a via Cesare Correnti, tra il civico 7 e il civico 11, ma senza diritto toponomastico a un numero proprio, l’assente 9, si trova l’Arsenale. Occhieggia discretamente col suo unico grande occhio, affacciato a un cortiletto separato dalla strada da una cancellata. Profondamente ricco di storia, luogo di emblematici avvenimenti della vita spirituale ed artistica milanese, ha un fascino speciale, potente e un po’ misterioso, che colpisce chiunque vi entri.

Attraverso il grande occhio traforato si può guardare in due direzioni: da dentro in fuori e da fuori in dentro. Da dentro in fuori è un occhio sul mondo, ma da fuori in dentro?

Sotto il nome l’Arsenale si accumula ora un complesso di attività, incentrate intorno all’arte del teatro. Ma l’Arsenale non ha una forma fissa. Come il dio Proteo, antico e potente, mobile e multiforme, cambia a seconda del contenuto, si trasforma e modifica.

Invito quindi a osservarlo più come un luogo del pensiero che come un teatro nell’accezione più scontata del termine, come una matrice di attività che si diramano piuttosto che come una struttura rigida che segue i canoni.

Scuola, compagnia teatrale, ideazione di spettacoli, progetti teatrali non usuali ed altro ancora si intrecciano in modo da formare un unico disegno, un tappeto colorato dove bisogna cercare l’andamento della spoletta per capirne la trama profonda.

La commistione superficiale nasconde in realtà le sue permanenze, semplici in apparenza ma in realtà vero centro di gravità dell’insieme.

L’Arsenale è prima di tutto un luogo sensibile, che tende a rifiutare le formule precostituite mutuate da modelli altrui, per essere prima di tutto a modo suo.

Fondamentale è la priorità del senso estetico, filtro essenziale tra noi e la vita, senza il quale siamo invasi dalla disarmonia che – dolosamente – confonde le acque.

E poi vorrei porre l’attenzione su un ultimo punto: il teatro è qui inteso come arte e quindi come linguaggio, ricordando che teatro e spettacolo non sono sinonimi. Comunicare attraverso il teatro, scoprire attraverso il teatro, condividere attraverso il teatro: questo è ciò che conta.

in un tempo qualsiasi

Non è facile definire i perché e i percome di una stagione teatrale, frutto di speranze e compromessi, sogni e conti, entusiasmi e stanchezze…

Non si tratta infatti di cucire un programma più o meno ben congeniato, di eseguire un collage più o meno ben fatto. Si tratta invece di dar corpo a qualcuno degli aspetti di un pensiero di fondo, di un sogno di fondo. Nel mio caso: il mondo salvato dall’arte, il teatro come genere artistico, il teatro come opera in divenire, e poi: viaggiare verso il futuro portando con sé la forza del passato che conta, meditare sull’unico tempo che esiste davvero, il presente, ecc.

Personalmente ci sono due momenti dell’arte del teatro che mi interessano particolarmente: il teatro allo stato nascente, il momento della creazione e dell’invenzione, e il teatro finale, il momento della sua cristallizzazione.

In realtà siamo tutti figli del carbonio teatrale, del teatro nascente, del big bang del teatro, che si irraggia, semina e si lancia nell’avventura di nuovi mondi.

Un teatro poi non è uno spettacolificio qualsiasi. E’ prima di tutto un luogo che guarda la società e propone un modo di essere sociale, proprio perché è un luogo in cui la società si racconta. E’ quindi anche un’invenzione, una scoperta sociale.

Perché un teatro è un luogo di appartenenza, prima di tutto.

Finirò aggiungendo un piccolo contributo per un eventuale manifesto.

CONTRIBUTO PER UN MANIFESTO

l’epoca degli spettacolifici è francamente morta
sovrappopolata
inflazionata
appiattita

come i dinosauri cui assomigliano
alcune gigaproduzioni
si aggirano ancora per il pianeta
e lo spopolano degli altri animali
ma come i dinosauri spariranno
vittime della loro stazza innaturale

ORA

è finalmente l’ora della parola chiara,
l’ora dell’immagine valida
l’ora della borsa dei valori reali
abbasso tutto ciò che è gratuito, vago, mistificatorio,  insignificante…

bisogna

far riaffiorare le permanenze
evidenziare le interazioni e la loro relatività
abbattere definitivamente i già incrinati muri delle separazioni concettuali
cui nessuno crede più

è ora di respirare profondamente
con calma
slow-theatre

di partire per le nuove conquiste
verso il futuro
verso ‘l’oscuro spazio profondo’

basta sottocultura nel nome di una falsa metacultura

basta con le acque dolosamente intorbidate
per nascondere nulla e narcisismo

basta con le mistificazioni e le sòle:
‘i nuovi linguaggi… le novità… gli straordinari eventi…’ – ma dove sono?
perché mai dovrebbero avere VALORE?
…contraddizioni in termini…

che i mestatori di pensiero vengano mostrati nudi
come il re cui assomigliano

che i portatori di valore siano riconosciuti.